Le canzoni del 1996

Il rock ha esaurito il suo ruolo? Ha ancora qualcosa da dire? Sono domande che girano ormai da anni e che il flusso continuo di proposte del mercato discografico cerca in qualche modo di bypassare. o almeno di rinviare nel tempo.

La diversificazione del prodotto ha portato ad una frammentazione in vari filoni musicali, e da lì nascono vari tentativi di fondere artisticamente stili diversi. Così accade con “Killing me softly with his song” che unisce soul con hip hop, mentre due ragazzi americani, Marc Everett (con il progetto Eels) e Beck cercano un nuovo linguaggio – scarno, low profile, sicuramente arguto – per dire in maniera diversa le cose di sempre.

In un contesto di melting pot musicale nasce anche la musica dei Jamiroquai (il jam degli Irochesi), che esplodono negli anni Novanta con un funk-jazz che trasuda dinamismo: non a caso il gruppo ha voluto associarsi al marchio Ferrari.

Un’altra strada è quella della destrutturazione: ascoltando “Dijed” dei Tortoise si avverte di trovarsi in un altrove rispetto a quanto già sentito (la loro musica è stata definita post-rock); questa suite ricorda nella struttura Atom Heart Mother dei Pink Floyd ma nelle sonorità ha intrapreso decisamente il sentiero dell’astrattismo, dell’acquisizione di suoni/rumori dalla quotidianità tecnologica e industriale.

La citazione dei Pink Floyd rimanda alla musica dei Porcupine Tree, che attingono a quelle radici per sviluppare un percorso che mette in gioco emozioni e suggestioni, accompagnandoci in un viaggio verso grandi spazi e mondi da sognare.

Le interpreti femminili guadagnano la scena mondiale grazie alla melodia fragile degli svedesi Cardigans (ma anglosassoni nello stile) e, sul fronte nero, con la soffice “Killing me softly with his song” dei Fugees e la meno rassicurante “Hedonism” di Skunk Anansie.

In Italia siamo in piena epoca Csi, che sfornano uno dei loro migliori album (“Linea gotica”), mentre a livello di singoli c’è Franco Battiato con “La cura”, il suo brano più riuscito perché concilia una bella melodia con un testo toccante, libero da un linguaggio pseudo-filosofico e quindi semplicemente… umano.

Andrea Chimenti è un nome di nicchia che merita la ribalta per un duetto di grande livello con David Sylvian in “Ti ho aspettato”, dove il punto di incontro è nelle magiche atmosfere dell’artista inglese.

Altro incontro al vertice (questa volta però in posizione di parità) è quello di Fabrizio De Andrè e Ivano Fossati: “Anime salve” sembra consolidare il primato della scuola ligure nel panorama dei cantautori italiani.


La cura – Franco Battiato recensione

Il ballo di San Vito – Vinicio Capossela

Ti ho aspettato – Andrea Chimenti recensione

Irata – Consorzio Suonatori Indipendenti recensione

Anime salve – Fabrizio De Andrè e Ivano Fossati

Bello amore – Ornella Vanoni recensione


E-bow the letter – R.E.M.

Cosmic girl – Jamiroquai recensione

Devils haircut – Beck

Lovefool – Cardigans recensione

Hedonism – Skunk Anansie

Novocaine for the soul – Eels

Killing me softly with his song – Fugees

Aicha – Khaled

Waiting – Porcupine Tree recensione

Dijed – Tortoise recensione

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