New Wave è il nome di un desiderio, di un auspicio. Dopo il terremoto punk si sente il bisogno di un rinnovato slancio che faccia riprendere il discorso interrotto di creatività e bellezza. Ma niente sarà come prima, e l’epoca d’oro del rock (1963-1975, più o meno) rimarrà nell’immaginario di chi l’ha vissuta e sarà fonte di ispirazione per i tanti che si avvicineranno alla musica, sempre più in difficoltà a dire qualcosa di nuovo.
Nella New Wave si nota un ritorno alla forma canzone, intesa come forma esclusiva di espressione musicale, l’unica adatta ad essere riprodotta per radio e nei videoclip; la tecnologia sposta poi l’asse verso la strumentazione elettronica e l’uso dei campionamenti; l’ecumenismo musicale introduce infine nella tradizione anglosassone le sonorità etniche provenienti da tutto il mondo.
Naturalmente questa apertura etnica parte da casa propria, e così abbiamo il rock scozzese dei Big Country, con le chitarre che riproducono il suono delle cornamuse.
Dal mondo celtico sorge la stella degli U2, che per molti anni illuminerà la scena musicale portando un fuoco interiore aperto ai grandi temi del cuore umano, cominciando da quello del popolo irlandese per allargarsi a quello di altri popoli, come in “New year’s day” dedicato alle vicende polacche.
Nel contenitore “new wave” troviamo realtà diverse: il fascino dandy degli Smiths e il dark elegante ed enigmatico dei Cure; l’intrattenimento di classe degli Style Council e l’atmosfera dolente e passionale dei Chameleons, un gruppo rimasto circoscritto in una nicchia di pubblico ma che ha lasciato comunque un segno profondo.
Dopo i grandi scenari nei quali si muoveva la musica anni Settanta, questi brani new wave appaiono come un ripiegamento dell’artista su se stesso, con uno spirito che unisce rimpianto (per la gloria perduta), ricerca (di se stessi e di nuove sonorità) ed entusiasmo portato dalla gioventù.
In territorio mainstream troviamo i Police, che prima di sciogliersi sfoderano gli ultimi successi, e il camaleontico David Bowie, che sa ben interpretare anche l’epoca dance e quest’anno produce un “China girl” carica di ritmo e sensualità.
In Italia prosegue l’onda lunga dei cantautori (tra tutti segnalo De Gregori che sfodera il suo pezzo migliore), mentre l’unico piccolo segnale di novità è rappresentato dal garbato swing di Sergio Caputo.
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La donna cannone – Francesco De Gregori recensione
Ci vorrebbe un amico – Antonello Venditti
Il mare d’inverno – Loredana Bertè
Ogni favola è un gioco – Edoardo Bennato
Un sabato italiano – Sergio Caputo
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Every breath you take – Police
New year’s day – U2
In a big country – Big Country
Shipbuilding – Elvis Costello recensione
This charming man – The Smiths
The Lovecats – The Cure
Less than human – The Chameleons
In the neighbourhood – Tom Waits
China girl – David Bowie
Paris match – Style Council recensione