Stairway to heaven

Led Zeppelin, 1971
dall’album Led Zeppelin IV
La più famosa canzone rock, il migliore assolo di chitarra, infinite discussioni e interpretazioni del testo, con accuse di plagio e di satanismo, milioni di copie vendute della sola partitura.

Cosa aggiungere a tutta questa letteratura? Senza alcuna pretesa di dire qualcosa di definitivo, mi sembra che la chiave di lettura sia il bipolarismo: tra materia e spirito, tra bene e male, tra cristianesimo e paganesimo, tra orizzontale e verticale (elementi costitutivi di ogni gradino di una scala).

Musicalmente ci muoviamo dalla dolcezza di un arpeggio acustico alla durezza di un rock scatenato, in una progressione che ricorda effettivamente il passaggio da uno stato all’altro, da un gradino all’altro di un’ascesa che è anche (a detta degli autori) di tipo spirituale: una ricerca di perfezione, di elevazione che è intrinseca in ogni essere umano.

Robert Plant racconta che il testo è scaturito da uno stato di trance, durante il quale le parole sgorgarono sul foglio secondo un flusso automatico.

Uno dei versi ricorda la dualità tra bene e male: “ci sono due sentieri che puoi percorrere, /ma a lungo andare c’è ancora tempo per cambiare quello che stai percorrendo”. È proprio questa frase che, ascoltata al contrario, viene intesa da alcuni come un inno a Satana. La scala per il Paradiso, percorsa verso il basso, porterebbe quindi a lui.

Gli enigmi e i misteri accrescono il fascino, la fama, e alla fine diventano elementi di marketing, alimentando il mito. E da questo punto di vista, Stairway to heaven rappresenta non soltanto la musica dei Led Zeppelin, ma in un certo senso, l’intero mondo del rock.

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