Carpet crawlers

Genesis, 1974
dall’album The lamb lies down on Broadway
Leggere che questo è stato l’ultimo singolo dei Genesis con Peter Gabriel innesca immediatamente la nostalgia e il rimpianto per la fine di un’epoca e di una grande avventura artistica. Che termina con il botto: un disco doppio con un’unica trama, una vera e propria opera rock.

Il protagonista è Rael (anagramma di Real?) un teppistello newyorchese che scende in un misterioso sottosuolo e vive strane avventure che si risolvono in una sorta di ricerca di se stesso e della propria maturità di uomo.

Peter Gabriel sembra un novello Dante nel suo visionario viaggio negli inferi (dell’inconscio?), e ambienta questa canzone in un corridoio coperto da una moquette rossa sulla quale Rael vede degli uomini strisciare lentamente verso una pesante porta di legno, situata alla fine del corridoio.

Lui è l’unico a potersi muovere liberamente, mentre gli altri sono costretti a strisciare. Vincolati a un tappeto cingolato (carpet crawler) lanciano la loro invocazione, resa immortale dalla splendida melodia della coppia Banks-Gabriel: “We’ve got to get in to get out”, dobbiamo entrare nel meccanismo, essere in, per emergere. Sono probabilmente gli schiavi della ricerca del successo e della ricchezza.

La storia prosegue ma noi ci fermiamo qui, contemplando l’arpeggio delle tastiere, l’ispirata interpretazione vocale e la lenta progressione della musica nella quale emerge la piena maturità di un gruppo che è arrivato ormai al top.

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