Le canzoni del 2000

L’inizio di un nuovo secolo, anzi di un nuovo millennio, meritava qualche elemento di svolta che trasmettesse un’idea di novità.

L’album dei Radiohead “Kid A” arriva quindi al momento giusto per spostare più avanti i confini della ricerca musicale, già intrapresa tre anni prima con un altro album epocale. Se in “OK Computer” c’era la tematica tecnologica, qui il focus si concentra sulla condizione umana. E non c’è da stare allegri, soltanto leggendo il titolo di “How to disappear completely”, tragico inno nichilista di un essere umano alienato, mentre il vertice artistico sta nel brano di apertura, quell’”Everything in its right place” che ha lasciato un segno epocale nell’ambiente musicale: su un tappeto elettronico si dimena il lamento-mantra di un uomo perso in pensieri paranoici.

Gli artisti captano ed elaborano prima e meglio di altri l’atmosfera che li circonda, e ci aiutano con le loro opere a comprendere lo spirito dei tempi, ma anche il senso profondo di ciò che nell’uomo è ancestrale. Mi riferisco in questo caso a “Father, Son” di Peter Gabriel, che appena uscita è già un classico per il suo riferimento al rapporto verticale per eccellenza nell’esperienza umana.

Il percorso seguito da Moby è in equilibrio tra il lavoro di un artista e quello di un ingegnere del suono; in “Porcelain” dilata la forma canzone in un flusso sonoro basato su tecnologia e campionamenti. Invece “Church of women” degli XTC sembra uscita da un manuale (“Come si costruisce una canzone pop”) per la perfezione armonica con cui il brano è costruito in tutte le sue parti.

Il rock rimane legato alle sue radici, e così i Porcupine Tree ripercorrono i sentieri lasciati vuoti dai grandi gruppi degli anni Settanta, mentre i Dandy Warhols in “Bohemian like you” ripropongono i riff di chitarra che resero celebri i Rolling Stones.

Gli U2 invece cercano di recuperare una vena creativa in declino ispirandosi… agli U2, quelli che negli anni Ottanta avevano appiccato il fuoco in tutto il mondo. “Beautiful day” è una dichiarazione di ottimismo e di speranza, alla quale sembrano allinearsi i nuovi entrati nell’olimpo del pop: “Yellow” è il brano che rende famosi nel mondo i Coldplay.

I Pearl Jam famosi già lo sono, il loro periodo d’oro è stato il decennio appena concluso e brani come “Insignificance” sono opera di mantenimento, con il mestiere che supporta l’ispirazione creativa.

Le nuove leve italiane hanno l’aspetto di due compagni di liceo: c’è quello immerso nell’adolescenza, gaudente e spensierato, con uno stile e un nome di facile presa (Lunapop) che passa il tempo su una Vespa 50 e canta “Qualcosa di grande”, e quello proiettato al mondo degli adulti, che sfoggia velleità intellettuali, sceglie un nome intrigante (Baustelle) e compone con stile complesso e variegato, che denota una notevole autostima.

Sul piano della comunicabilità arrivano meglio al cuore le “Parole di burro” di Carmen Consoli e il caos organizzato di Vinicio Capossela, con un “Maraja” che ha il fascino di un bazar mediorientale. Infine, al di sopra delle mode e degli interessi commerciali, il maestro Paolo Conte sfodera il musical teatrale “Razmataz” dal quale estraiamo “Talent scout man”. Anche gli italiani sanno fare il Jazz!


Qualcosa di grande – Lunapop

La canzone del parco – Baustelle

Parole di burro – Carmen Consoli recensione

Maraja – Vinicio Capossela recensione

Talent scout man – Paolo Conte


Everything in its right place – Radiohead recensione

How to disappear completely – Radiohead

Yellow – Coldplay recensione

Beautiful day – U2

Bohemian like you – The Dandy Warhols

Insignificance – Pearl Jam

Church of women – XTC

Where we would be – Porcupine Tree

Porcelain – Moby

Father, son – Peter Gabriel recensione

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