Seen and not seen

Talking heads, 1980
dall’album Remain in light
Uso con parsimonia il termine “genio”, ma questa perla di David Byrne (con il supporto di Brian Eno) regge bene l’ingombrante accostamento.

Il segreto è nell’armonia tra elementi contrastanti: l’arrangiamento tecnologico e il ritmo etnico; la melodia con una voce in stile computerizzato (molti anni prima che i computer parlassero); la serietà con l’ironia: il testo sembra l’esposizione di un trattato scientifico ed è invece una elegante accusa alla cultura dell’apparenza, dove la realtà è sostituita da un mondo virtuale generato da “momentary impulse”.

Il mondo dei media – canta il computer David – propone volti che diventano modelli per la gente, e qui parte un processo di identificazione che fa perdere la fisionomia iniziale, e in definitiva la propria identità.

He wonders if he too might have made a similar mistake / Egli si chiede se anche lui potrebbe aver fatto un tale errore” è la riflessione finale di questo finto esperimento psicosomatico con il quale ci lasciano i Talking Heads, mentre il ritmo sfuma lentamente, come un carrozzone che si allontana pian piano all’orizzonte con i suoi suoni declinanti, lasciando dentro l’ascoltatore quella intrigante sensazione del “visto e non visto”.

Testo

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.