Hurricane

Bob Dylan, 1976
dall’album Desire
È arrabbiato di brutto, il vecchio Bob. E ne ha ben donde, perché l’ingiustizia subita da Rubin Carter è bella grossa, in carcere per lunghi anni “for something that he never done”.

È una brutta storia di persecuzione razziale, di quelle che poi finiscono in un film (e infatti: il titolo è lo stesso della canzone e il protagonista è Denzel Washington). Il pugile nero, detto Hurricane e ormai prossimo alla corona dei pesi medi, viene accusato ingiustamente di un triplice omicidio e condannato da una giuria di soli bianchi.

Dylan per una volta lascia i versi poetici e si mette a raccontare i fatti per filo e per segno come un novello cantastorie; il suo racconto ha i toni di una requisitoria e di un’invettiva, con quella voce tagliente che non lascia scampo, e anche chitarra e armonica hanno un ritmo più incalzante del solito.

L’uscita del brano fece riaccendere i riflettori su questo caso, ma solo nove anni dopo (e diciannove dopo il fatto) un giudice Usa riconobbe che il processo era stato ingiusto.

Così finalmente Carter ritornò libero, lui che un giorno sarebbe potuto diventare il campione del mondo.

Testo

 

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