Freedom rider

Traffic, 1970
dall’album John Barleycorn must die
Libertà, parola magica. La più nominata in quegli anni convulsi, generatori di entusiasmo e allo stesso tempo di confusione, proprio sul senso profondo della libertà. Anche qui non si capisce bene chi è e cosa fa questo “cavaliere della libertà”, ma il nome è troppo bello per farsi troppe domande.

E sembra contraddittorio che parli di libertà un gruppo chiamato Traffic, una parola che richiama un grosso limite alla nostra libertà di movimento. In realtà il nome venne scelto per rappresentare l’incrocio tra diversi generi e fonti di ispirazione: blues, folk, jazz, soul, rock.

Dal traffico è scaturita un’armonia che in questo disco raggiunse il suo apice, e in “Freedom rider” ammiriamo in particolare la performance vocale di Steve Winwood e il sax e il flauto di Chris Wood.

I Traffic entrano di diritto nel genere che è stato definito progressive, forse l’esperienza più alta del rock.

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