Le canzoni del 2005

Negli anni Duemila si comincia a parlare insistentemente di musica indie, cioè indipendente, alternativa ai prodotti delle grandi case discografiche. Il dibattito che ne è scaturito ha risentito della cultura della contrapposizione (piccolo contro grande) e dell’idea romantica di indipendenza, legata al dogma della libertà su cui si fonda il pensiero contemporaneo.

Si tratta in realtà di questioni non inerenti strettamente all’evoluzione della musica intesa come espressione artistica, quanto al suo ruolo in una società che velocemente si evolve.

L’era internet è ormai iniziata e con lei tutte le nuove possibilità di diffondere la musica e di creare piccole iniziative private. Ma la realtà dei prodotti indie è anche lo specchio di un mondo musicale ridimensionato, che ritrova se stesso nel piccolo.

La vera contrapposizione rimane quella tra musica bella e musica brutta: la piccola produzione non garantisce affatto la qualità, rende però possibile far conoscere ad un vasto pubblico talenti che avrebbero rischiato in altre epoche di rimanere semisconosciuti.

È il caso di una delle migliori perle del mondo indie, il cantautore statunitense Sufjan Stevens, che esplode quest’anno con un grande album dedicato allo stato dell’Illinois e che merita una doppia citazione per la sua arte nel fondere arrangiamenti orchestrali a momenti di profonda intimità.

Anche uno dei migliori gruppi indie, i National, sono creatori di atmosfere introspettive, attraverso arrangiamenti sofisticati e voce carismatica, come si può ascoltare in “Secret meeting”.

Parlando di voci ammalianti il pensiero va a Richard Hawley, crooner di nuova generazione che ci delizia con “The ocean”.

Musicista promettente è Patrick Wolf, che rivela uno stile originale con brani come “This weather”, ma che sparirà negli anni successivi dai radar della qualità, al contrario di Mark Oliver Everett, autore che trasforma in oro i propri tormenti personali attraverso la sigla Eels, e che quest’anno realizza il suo album migliore: “Blinking lights and other revelations”.

Abbiamo già parlato della nuova luce proveniente dal nord con la musica dei Sigur Ros. L’album “Takk…” che esce quest’anno conferma una maturazione artistica ancora in atto e che recupera il cantato mantenendo comunque le loro idee innovative della forma canzone.

Dal profondo nord dell’Islanda al profondo sud dell’Andalusia, dove da anni regna il cantante di musica tradizionale Enrique Morente. Il profondo amore per la sua terra, espressa nella fierezza ritmata del flamenco e nel canto ispirato, trova una sponda ideale nella chitarra melodiosa del canadese Pat Metheny per far immergere l’ascoltatore nella incommensurabile bellezza dell’Alhambra. “Generalife” è un brano che va fatto uscire dalla nicchia.

Nella nicchia della produzione italiana si registra il successo popolare di Povia: con lui “I bambini fanno “ooh” e fanno anche tendenza con un brano presentato a Sanremo fuori concorso. Altro sanremese che si distingue è Nek, mentre nell’“altra musica” prosegue il cammino elitario dei Baustelle, ma sull’ideale podio del 2005 piazzo la travolgente “Ballata per la mia piccola iena” degli Afterhours e la italianissima marcetta “Il cameriere del Principato” di Pippo Pollina.


I bambini fanno “ooh” – Povia

Ballata per la mia piccola iena – Afterhours

I provinciali – Baustelle

Lascia che io sia – Nek

Il cameriere del Principato – Pippo Pollina


John Wayne Gacy, Jr. – Sufjan Stevens recensione

The predatory wasp of the palisades is out to get us! – Sufjan Stevens

This weather – Patrick Wolf

Secret meeting – The National recensione

We both go down together – The Decemberists

Gong – Sigur Ros

Sweet li’l thing – Eels recensione

The Ocean – Richard Hawley

Gold digger – Kanye West ft. Jamie Foxx

Generalife – Enrique Morente & Pat Metheny recensione

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