Le canzoni del 1985

Non è un bel periodo per la canzone italiana: la grande stagione dei cantautori è al declino, e il nuovo stenta a trovare la propria identità, ricercata per lo più nella riproposizione di modelli stranieri.

Il rock ha i suoi testimonial nei Litfiba, che per il resto del decennio costituiranno il vertice della nostra musica. Quello che invece è al massimo è l’intrattenimento televisivo, che assume rilevanza musicale grazie all’eclettismo e al genio di Renzo Arbore, che in quest’anno spopola con “Quelli della notte”; e poi nel 1987 arriveranno “Indietro tutta” e il programma che in questa sede ricordiamo più volentieri, e cioè “DOC”.

New Wave è una denominazione sempre più generica, all’interno della quale coabitano anime diverse. Gli Smiths propongono atmosfere ammalianti grazie all’alchimia Marr-Morrisey (chitarre e interpretazione da ottocentesco dandy), gli Style Council interpretano il romanticismo con un pop ballabile e di classe, non lontani dalla formula dei Prefab Sprout, che pubblicano il loro album migliore, dove Paddy McAloon si consacra come grande autore di melodie.

È un’epoca in cui va per la maggiore l’Anthem Rock, e i Tears For Fears cantano, anzi urlano (“Shout!”) il loro inno, mentre i maestri del genere – gli U2 – lanciano nel mondo il loro grido di dolore sul dramma della dipendenza dall’eroina (“Bad”).

Le stesse radici (celtiche) e la stessa passione per la ricerca dei grandi spazi, nei luoghi e nell’anima, sono gli ingredienti del progetto Waterboys, e “This is the sea” fa parte del patrimonio artistico che va al di là del contesto anni Ottanta.

Dall’altra parte dell’oceano, Tom Waits segue una strada diversa, che si presenta intimista ma che cela lo stesso fuoco interiore, che divampa inaspettato in una ballata coinvolgente come “Time”.

Il “nuovo che avanza” spesso si consolida ed entra nel sistema mainstream, e così gli ex-sperimentatori Simple Minds si attestano su una produzione più popolare, e brani come “Alive and kicking” sono particolarmente adatti per i grandi concerti; ancora più “divulgativo” è Sting, che anche senza i Police ha tutto per piacere al pubblico: “The dream of the blue turtles“ è il suo primo album solista e forse anche il migliore.

C’è invece chi appartiene da tempo all’olimpo musicale ma appare indifferente alla cosa: l’inquieto Miles Davis insegue una ricerca di nuove sonorità, portando il jazz dove non era mai stato. E brani come “One phone call/Street scenes” hanno scandalizzato molti appassionati del genere.


Ma la notte no – Renzo Arbore & New Pathetic Elastic Orchestra

Lulù e Marlene – Litfiba

Questione di feeling – Mina & Riccardo Cocciante

I treni di Tozeur – Franco Battiato e Alice

Centocittà – Antonello Venditti


One phone call/Street scenes – Miles Davis recensione

When love breaks down – Prefab Sprout recensione

The boy with the thorn on his side – The Smiths recensione

Alive and kicking – Simple Minds

Boy who cried wolf – The Style Council

Love is the seventh wave – Sting

Shout! – Tears For Fears recensione

Bad – U2

Time – Tom Waits recensione

This is the sea – The Waterboys

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