Muddy Waters, 1955
L’estetica della monotonia. Per quando ascolterai l’attacco dell’energico ritmo blues, ecco lo spoiler: è inutile che aspetti qualche cambiamento perché non ci sarà!
Non c’è posto per la fantasia, per la creatività, per gli arrangiamenti innovativi; qui è tutto primitivo, originario, direi ancestrale.
Sembra un rituale antico in cui si fissano i princípi di una musica che nasce dal popolo e dai ritmi cadenzati e ripetuti all’infinito del lavoro quotidiano, o di una processione laica che enuncia i temi fondamentali.
Qui c’è un ragazzo che arrivato ai 21 anni vuole proclamare la sua mascolinità, perché se qualcuno avesse dei dubbi a proposito deve sapere che lui è un “mannish boy”.
Questa musica appare una componente essenziale dell’affermazione di se stessi: è un blues esistenzialista che non ha bisogno di cambiare note e tonalità, perché quel ritmo ricorda i colpi di martello di chi sta scrivendo una lapide commemorativa, da lasciare ai posteri.
Tutta la produzione di Muddy Waters è considerata un patrimonio musicale che ha ispirato tanti musicisti. Di lui è stato scritto che «Dovranno passare anni e anni prima che la maggior parte della gente comprenda quanto è stato grandioso per la storia della musica americana».
E a proposito di questioni identitarie, che manifestano il proprio modo d’essere, da Muddy Waters hanno attinto alcuni ragazzi britannici, lontani da lui solo geograficamente, e che hanno sentito proprie alcune parole di questa canzone: quando il ragazzo descrive se stesso, tra i vari modi lui annuncia di essere un “rolling stone”.