Velasquez

Roberto Vecchioni, 1976
dall’album Elisir

di Paolo Pugni

Ahi Velasquez, dove porti la mia vita?
Un fiore di campo si è impigliato fra le dita
E tante stelle, tante nelle notti chiare
E mille lune, mille dune da scoprire
Ahi Velasquez, non t’avessi mai seguito
Con te non si torna una volta sola indietro
In mezzo ai venti sempre genti da salvare
Sei morto mille volte senza mai morire
Un vecchio zingaro ungherese
Di te parlando mi giurò
Che c’eri prima di suo padre
Prima del padre di suo padre
Più in là nel tempo non andò
I cerchi del tuo tronco sono
Ferite d’armi e di parole
Che mai nessuno vendicò
Ahi Velasquez, com’è duro questo amore
Mi pesa la notte prima di ricominciare
E tante veglie, come soglie di un mistero
Per arrivare sempre più vicino al vero
Ahi Velasquez certe sere quanta voglia
Fermare la vela e ritornare da mia moglie
E tu mi dici: “Fatti scrivere”, è normale
Per te bisogna solo scrivere e lottare
E la tempesta ci sorprese
Due miglia dopo Capo Horn
Se ne rideva delle offese
In mezzo al ponte si distese
E fino all’alba mi cantò
Ragazze, terre, contadini
Da sempre popoli e padroni
Fu lì che tutto cominciò
Ahi Velasquez, fino a quando inventeremo
Un nido di rose ai piedi dell’arcobaleno
E tante stelle, tante nelle notti chiare
Per questo mondo, questo mondo da cambiare?
Ahi Velasquez ahi chitarra come spada
Mantello di sabbia orecchio mozzo antica sfida
Eterna attesa, corda tesa da spezzare
E tanta voglia, tanta voglia di tornare

Mi ricorda il mare. E non perché di navigazione si parla. Piuttosto perché mi ricorda le lunghe discussioni sulla spiaggia sul significato delle parole di questa profonda canzone: dispute fino quasi al tramonto, seduti sulla battigia, nell’età che incendia le passioni. Tutte.

Ebbi poi la fortuna di sentirla spiegare nel dettaglio dall’autore stesso durante un concerto per gli studenti del suo liceo, il classico Cesare Beccaria di Milano che anche io frequentavo.
Così fu chiaro che quella tempesta che ti coglie, anzi sorprende, due miglia dopo capo Horn simboleggia la crudeltà della vita che ti colpisce appena superato il punto di estremo pericolo, quando oramai ti sei rilassato e hai abbassato le difese.

Mescolavamo le parole e le canzoni, in quelle diatribe sulla spiaggia, in modo così convinto che ancora oggi ero convinto che questo verso, oggetto di grandi dibattiti, “e non si è soli se qualcuno se ne è andato, si è soli se qualcuno non è mai venuto” appartenesse a questo brano di Elisir del 1976 e fosse associato ai viaggi del poeta, mentre invece sta dentro un’altra canone del professore: L’ultimo spettacolo del successivo album Samarcanda del 1977.

Ma è come se stesse parlando Velasquez, grande saggio che incita all’impegno, parola magica in quegli anni, un impegno che ti strappa alla tua famiglia, ai tuoi cari, che devono restare in sottofondo, a distanza, senza nessuna concessione.

Ahi Velasquez certe sere quanta voglia
Fermare la vela e ritornare da mia moglie
E tu mi dici: “Fatti scrivere”, è normale
Per te bisogna solo scrivere e lottare

La lotta tra queste due passioni è al centro della riflessione di Vecchioni, che finirà per sciogliere il dubbio chiarendo che c’è una gerarchia negli “impegni” anche solo cronologica se non ontologica, scelte fatte che devono essere quotidianamente confermate, come la famiglia, arrivando ad esclamare in una canzone politicamente scorrettissima e tagliente, permessa solo ad un cantautore palesemente innestato nella parte giusta e al quale sono consentite anche delle piccole cadute, di stile e di sostanza.

Sto parlando di Voglio una donna del 1992 (Camper) dove grida
“Abbiamo un mare di figli da pulirgli il culo / Che la piantasse un po’ di andarsene in giro
….Prendila te quella col cervello / Che s’innamori di te quella che fa carriera / Quella col pisello e la bandiera nera / La cantatrice calva e la barricadera / Che non c’e mai la sera / Non dico tutte: me ne basterebbe solo una / Tanti auguri alle altre di più fortuna / Voglio una donna, mi basta che non legga Freud / Dammi una donna così che l’assicuro ai “Lloyd”

Molto diverso dal non tornare mai indietro di Velasquez
Con te non si torna una volta sola indietro
In mezzo ai venti sempre genti da salvare

E allora, in questo mondo che per salvarlo devi iniziare da quelli che ti stanno vicini – che poi, ma dai!, sono il tuo prossimo – ai quali prestare cure, attenzione, amore – e non basta farsi scrivere (e sullo scrivere abbiamo già detto parlando di Nino Buonocore), bisogna esserci. Esserci sempre, anche quando qualcuno se ne è andato, perché non si è più soli.

Solo noi possiamo renderci soli, chiudendo la porta ad ogni relazione, e facendo in modo che non venga mai nessuno.

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