Moonlight shadow

Mike Oldfield 1983


Ingannevole la melodia, che fa pensare a una canzoncina scacciapensieri, tipica del disimpegno anni Ottanta e costruita per scalare le classifiche. Il successo lo ottenne, e molti di noi ancora lo ricordano a distanza di anni, ma la canzone non ha nulla di tranquillizzante perché parla della morte.

Anzi, di una morte specifica, quella di un uomo che è stato ucciso a colpi di pistola e che adesso viene ricordato dalla sua donna con la dolcezza di un canto che sembra trascendere la tragedia.

Mike Oldfield voleva per questa canzone una voce femminile (doveva essere Enya ma alla fine fu scelta la scozzese Maggie Reilly) proprio per creare il contrasto tra un canto di scuola celtica (quindi con un’impronta sacrale) e la drammaticità del tema.

L’ombra del chiaro di luna non è soltanto lo scenario in cui è avvenuto l’omicidio quanto l’azione di un’ombra che viene a prendersi la vittima alla luce di un chiaro di luna. Una poetica immagine, tutta in chiaro scuro, che scorre via nella dolcezza di questa ballata.

Mike Oldfield offre al mondo una hit dopo aver stupito con lunghissime suite che riempivano un intero disco. Da “Tubular bells” a “Moonlight shadow” sembra esserci un abisso, ma le due opere rimangono collegate dal filo rosso della ricerca di qualità.

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