Mio fratello che guardi il mondo

Ivano Fossati 1992
dall’album Lindbergh – Lettere da sopra la pioggia


Una canzone-manifesto, e un titolo-slogan. Lo sono diventati nell’interpretazione ufficiale, che lo ha legato alle iniziative a favore dei migranti e ai progetti di integrazione razziale. Tutto bene, ma un poeta normalmente vola più alto delle realtà contingenti e delle campagne su temi sociali.

Ivano Fossati ha rivelato di aver voluto qui riflettere sulla difficile convivenza con la diversità. Un tema che ci coinvolge tutti, in particolare in un società aperta e cosmopolita come la nostra, e che introduce a un concetto misterioso quanto affascinante: quello della fratellanza tra gli uomini (“Mio fratello che guardi il mondo”).

Fossati è una persona che si guarda intorno e si pone domande, incastonandole in una melodia dolce e compassata, perché l’importanza di quei pensieri richiede tempo e spazi opportuni, che devono far decantare ciò che l’animo fa venire a galla, sospinto dalla risacca e dal vento di mare.

Sono pensieri di speranza, che “prima o poi ci troverà”; e qui c’è il punto conclusivo della canzone, che è anche il più intrigante: la soluzione di tutti i problemi relazionali, e la scoperta della fratellanza, non arrivano grazie ai nostri sforzi ma sono delle specie di doni provenienti dall’esterno, una strada che “prima o poi si traccerà”.

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