Think of me with kindness

Gentle Giant, 1972
dall’album Octopus


Nella società dell’immagine e del successo immediato faticherebbero a farsi notare e forse anche a pubblicare un disco: nessuna concessione alle esigenze estetiche del look (nè personali, né collettive), nessun compromesso con le logiche commerciali, musica complessa come richiede il filone progressive, dove il rock si mescola con jazz e folk e produce sonorità spesso aspre, spinose, che richiedono tempo (cioè più ascolti) per essere assimilate.

Siamo agli antipodi con la musica cui siamo abituati nei nostri giorni. Qui abbiamo una (parziale) eccezione nel repertorio Gente Giant, con una ballata melodica dal sapore antico, che sembra attingere dalle radici classiche del folk, con una vicenda che riprende il tema eterno di un amore concluso, e la conseguente nostalgia dei bei tempi andati.

Una nostalgia che assume toni epici, con il pianoforte introduttivo e i fiati che raggiungono il climax del brano. Dopo un intermezzo sincopato, giusto per spezzare ogni possibile costruzione convenzionale (non sia mai!), riprende la melodia iniziale, secondo tempo del pezzo in cui si ribadisce la richiesta di un pensiero gentile, del quale l’autore, sofferente per amore, ha evidentemente bisogno.

Con la conclusione del brano sorge l’impressione di essere usciti da una fiaba, raccontata da un Gigante Gentile, sorridente e inquietante al tempo stesso.

Testo

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