John Barleycorn

Traffic, 1970
dall’album John Barleycorn must die


Giravano di villaggio in villaggio, e creavano aggregazione con i loro racconti in musica, storie tra la realtà e la fantasia che entravano nell’immaginario collettivo. Il fascino dei cantastorie rivive nel XX secolo grazie a questa ballata di Steve Winwood e dei suoi Traffic.

La struttura è quella tradizionale: una storia da raccontare e un accompagnamento acustico, che non ha variazioni e scorre via senza scossoni. Tutto è in funzione del racconto, e qui abbiamo un uomo che deve morire e il cantante appare convinto della necessità di questo tragico epilogo.

È il compiacimento per l’esecuzione di un criminale, oppure la voce narrante è quella di un omicida ben motivato? Niente di tutto questo, la posta in palio è più alta e la ballata intende celebrare un personaggio chiave nella vita quotidiana della società britannica da cui è nato questo pezzo (pare che risalga al Seicento).

Stiamo parlando del whisky, e anche della birra, che derivano entrambi dalla lavorazione dell’orzo. Per arrivare a quei tesori così apprezzati in terra anglosassone, quel chicco d’orzo (barleycorn) deve morire, come giurano i tre personaggi all’inizio della canzone.

Loro rappresentano l’antica tradizione contadina, che invoca questa morte ad ogni fine raccolto di grano, per far sì che possa poi nuovamente germinare e permettere il raccolto dell’anno seguente.

Una volta compresa l’importanza di questa celebrazione, non resta che lasciarsi trasportare da quella chitarra acustica e di partecipare al coro gridando con convinzione “John Barleycorn must die !”

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