Vita spericolata

Vasco Rossi, 1983
dall’album Bollicine


L’inno di una generazione, canzone manifesto non soltanto del personaggio-Vasco ma dalla sensibilità giovanile in un’epoca di cambiamento.

Erano gli anni Ottanta, quelli degli yuppies, del liberalismo sfrenato che creava ricchezza e allo stesso striscianti forme di schiavitù, di chi si votava al mito del successo, da raggiungere rapidamente e a tutti i costi.

Ai bordi di questo flusso di ragazzi in carriera rimaneva una gran massa di vite prive di grandi prospettive ed anche di quegli ideali che in passato avevano acceso molti cuori e che adesso erano svaniti.

Vasco Rossi è in qualche modo il loro rappresentante, e così appare sul palco di Sanremo, dove ottiene il penultimo posto. È ovvio che quel mondo istituzionale, che in una mal riposta ricerca della perfezione e dell’immagine fa cantare in playback, rigetti quella specie di brutto anatroccolo dall’aspetto e dal canto sgraziato, ma in pochi mesi quel brano sfonda in tutta Italia ed entra definitivamente nell’immaginario collettivo.

Un intero popolo aveva trovato la propria canzone, scritta da uno di loro. Vasco ha raccontato le sue motivazioni iniziali: “Volevo dire qualcosa di importante, così ho affrontato il tema che in quel periodo affliggeva tutti: la paura di una vita piatta, tranquilla, priva di emozioni”. La molla è il desiderio di libertà, di uscita dagli schemi e dalle “buone maniere” di un perbenismo formale.

Atteggiamento tipico di un animo giovane che punta a qualcosa di grande, ma qual’è la soluzione proposta? Sulle note coinvolgenti di una dolce ballata rock, Vasco enuncia la sua filosofia di vita: il desiderio è quello di una esistenza maleducata/esagerata/spericolata, che se ne frega di tutto.

Una vita “come quelle dei film”, quindi irreale, intrapresa scimmiottando le vicende di eroi proposti dall’industria della comunicazione; una vita dove le occasioni di incontro sono davanti a una bottiglia di whisky, ma “ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi”.

In pratica, l’altra faccia della medaglia del mondo yuppie, e quindi la medaglia è la stessa: soggettivismo di chi è chiuso in se stesso, concentrato sui fatti propri e su orizzonti edonisti.

La differenza tra le due facce della medaglia è che da una parte ci sono i figli della new economy, della finanza creativa che crea ricchezze immediate, dall’altra ci sono i perdenti, ai quali rimane il sogno provinciale di vedere la propria vita trasformata in un film.

Ho cercato di spiegare perché una canzone così bella mi trasmette così tanta tristezza.

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