Mino Vergnaghi
Presentatore: Mike Bongiorno con Anna Maria Rizzoli
Direzione artistica: Gianni Ravera e Gianni Naso
Il declino di Sanremo sta anche nel fatto che viene snobbato dai grandi nomi della musica italiana, che in questi anni non mancano. Di fronte a questa realtà le possibilità erano due: far emergere nuovi talenti, aspiranti big, rischiando un po’; oppure dare spazio alle seconde file (o anche terze) secondo le indicazioni delle case discografiche.
All’accusa di immobilismo musicale gli organizzatori rispondono nella forma più che nella sostanza, introducendo gruppi canori che sembrano carovane di amici di un’epoca post-hippy, e inoltre brani con impronta teatrale o con toni surreali e scanzonati, secondo lo stile di Rino Gaetano. Ma di Rino Gaetano ce n’è uno solo e i suoi surrogati fanno soltanto rimpiangere l’originale. Però Franco Fanigliulo e i Pandemonium riescono ad entrare nell’immaginario collettivo con i titoli delle loro canzoni – “A me mi piace vivere alla grande” e “Tu mi fai schifo sempre” – che diventano slogan-tormentoni di quell’epoca.
Tra i carneadi che si cimentano sul palco del festival vince quello con la canzone migliore: a sentirlo sembra Drupi ma in realtà si tratta di Mino Vergnaghi, che nella sua carriera non avrà altri momenti di gloria.
A questo punto sono ormai consolidate due strade diverse: il festival come vetrina della musica italiana prosegue il suo percorso di basso profilo mentre il festival come evento televisivo e mediatico segue altre logiche, determinate dal consenso del grande pubblico.
Avviene così che il grosso richiamo dell’evento-Sanremo arrivi attraverso gli ospiti stranieri, oppure da italiani diventati ormai big e che non si mischiano più nella competizione canora. I Matia Bazar, vincitori l’anno precedente, partecipano come ospiti, e con loro si esibiscono artisti come Kate Bush, Tina Turner, Demis Roussos, Chic, Al Jarreau.
A me mi piace vivere alla grande – Franco Fanigliulo
CANZONI 