Thick as a brick

Jethro Tull, 1972

Il concept album è caratteristico degli anni Settanta e in particolare del movimento progressive.

Qui addirittura c’è un unico brano di 44 minuti, diviso in due soltanto dai limiti fisici del vinile. Narra la storia finta di un poeta in erba che riceve un premio per una sua opera, come riportato da un finto giornale locale.

Il dialogo è tra lo stolto e i saggi, cioè tra colui che si definisce “thick as a brick”, cioè “duro di comprendonio” e il mondo degli adulti che lo giudicano e lo squalificano per una parolaccia: una metafora scelta da Ian Anderson per inveire contro i critici musicali e più in generale con l’establishment della cultura inglese, con toni caustici e ironia feroce.

Il passaggio al secondo movimento musicale coincide con un cambio di piano narrativo: si parla delle prospettive di vita di un adolescente, attratto dalla poesia ma destinato alla carriera di soldato. Il piccolo Gerald sarà un uomo che pensa o un uomo che fa?

La dicotomia sembra espressa anche dai diversi stili musicali: l’iniziale folk e il rock deciso, arricchito da scorribande strumentali nelle quali spicca il flauto, marchio di fabbrica del leader Ian Anderson. Il suo è uno sguardo cinico della realtà, il ragazzo abbandonerà la poesia e diventerà come il padre o anche peggio.

Il tema è quello del conflitto generazionale, particolarmente sentito in quegli anni convulsi, in un contesto culturale britannico che mostra la corda per la sua ipocrisia e mancanza di prospettive.

I Jethro Tull toccano il punto più alto della loro parabola artistica, se si fossero limitati ad una sola facciata avrebbero realizzato un capolavoro assoluto.

Testo con note

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